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3 Ott

Ogni esperienza essenziale della nostra vita si realizza per il fatto che c’è qualcuno con noi.

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"Quel che importa non è come assicurarsi l’approvazione dello spettatore, ma accettarsi… Il nostro coraggio di scoprirci, di svelarci, ha un’altra difficoltà da superare, causata dagli occhi di uno sconosciuto. Non è sufficiente compiere ciò che ci rivela; si deve fare di più: compierlo, per quanto possibile, in piena luce, non furtivamente, ma apertamente. Non nascondersi significa semplicemente essere interi, allora la nostra esperienza e la nostra vita si aprono…"  1972 Jerzy Grotowski

 

4 Apr

Cieslak Ryszard (Kalisz 1937 – Huston, Usa, 1990), attore e regista polacco.

Dopo aver effettuato i propri studi alla Pwst di Cracovia (Scuola statale superiore di teatro), debutta come attore nel 1962 al Teatro delle tredici file di Opole, successivamente Teatr Laboratorium. A soli quattro anni dalla conclusione degli studi, la sua partecipazione alla messa in scena ad opera di Jerzy Grotowski di Il Principe costante di Calderón nella versione di Juliusz Slowacki (1965) viene salutata come un grande evento teatrale.

Ryszard Cieslak

A proposito del suo lavoro nel "Principe Costante" scrive: 

"La partitura è come un vaso di vetro dentro il quale brucia una candela: il vetro è solido, sta lì, può farci affidamento. Contiene e guida la fiamma. Ma non è la fiamma. La fiamma è il mio processo interno ogni sera. La fiamma è ciò che illumina la partitura, ciò che lo spettatore vede attraverso la partitura. La fiamma è viva. Proprio come la fiamma nel vetro si muove, palpita, cresce, diminuisce, sta quasi per spegnersi, improvvisamente riacquista splendore, risponde ad ogni alito di vento- così la mia interna varia ogni sera, di momento in momento (..)

Ogni sera comincio senza anticiparmi nulla : Questa è la cosa più difficile da imparare. Non preparo me stesso a sentire qualcosa. Non dico:’l’altra sera, questa scena era straordinaria, proverò a farla di nuovo’.Voglio soltanto essere ricettivo per quel che accadrà. E sono pronto a captare ciò che accade se se sono sicuro della mia partitura, sapendo che se anche non sento quasi niente il vetro non andrà in pezzi e la struttura lavorata per mesi, mi aiuterà fino alla fine. Ma quando succede una sera che io possa ardere, dar luce, vivere, rivelare- sono pronto a questo non avendo anticipato. La partitura rimane la stessa, ma ogni cosa è diversa perchè io sono diverso."

Tratto dal testo " La Canoa di Carta" di Eugenio Barba, Bologna, Il Mulino 1993.

26 Gen

Una nuova creatura appare dal mio cappello a cilindro!

 

 Su stimolo di Roberto Matarazzo elaboro una piccola raccolta ontologica di alcuni scritti relativi all’anno 2007 dal nome ”Io dico – Effetti a carattere teatrale” periodo in cui la nascita di questo blog diventa una nuova forma di comunicazione e confronto con l’impegno Teatro.

Trattasi di materiale multiforme proveniente da quotidiani interrogativi.

Appunti, poesie, riflessioni e critiche sono stati ordinati cronologicamte per la creazione di questo testo.

 Mia scelta è quella di completare ogni articolo con una nota finale volta a chiarire le motivaizoni che mi hanno spinta all’atto. La definizione che preferisco di effetto è senza dubbio: ciò che è prodotto da una causa. Il mio movente è vivere svolgendo una personale ricerca nell’ambito del teatro.

Per i pochi lettori alcuni degli effetti che produce in me tale immersione in quest’arte…

Vi ho incuriositi?

 

ps I: Quanto prima sarà possibile vedere almeno l’immagine di copertina!

ps II: (riferito alla fotografia in alto) Chissà perchè quest’attrazione verso qualcosa di magico che dall’ interno esce e si anima stupendoti….dell’arte attoriale?

28 Dic

Io, durante il training, in uno scatto di Claudio Oliva…..

 

"Un attore può essere guidato e ispirato soltanto da qualcuno che sia impegnato con tutta l’anima nella sua attività creativa. Il regista mentre guida e ispira l’attore deve al tempo stesso lasciarsi guidare e ispirare da quest’ultimo. Si tratta di libertà, di collaborazione e non presuppone una mancanza di discpilna, ma un rispetto per l’autonomia degli altri. Il rispetto per l’automomia dell’ attore non significa anarchia, indulgenza nella richieste, discussioni interminabili, e sostituzione dell’azione con fiumi interminabili di parole. Il rispetto per l’autonomia, invece, implica vastissime richieste, l’aspettarsi il massimo sforzo creativo e la più personale penetrazione. Compreso questo, la sollecitutdine per la libertà dell’attore può essere generata dalla pienezza della guida e non dalla sua carenza di pienezza. Una tale carenza presupporebbe soperchieria, dittatura e ammaestramento superficiale."

[breve ma intensa affermazione tratta da un testo  che Jerzy Grotowski ha scritto per adoperarlo all’interno del suo Teatro Laboratorio; egli lo ha destinato in particolare a quegli attori che stanno attraversando un periodo di prova prima di venire accolti nella troupe allo scopo di rendere loro familiari i principi e i fondamenti che ispirano il lavoro. Testo di riferimento "Per un teatro povero"di Jerzy Grotowski, Bulzoni Editore.]

Notevoli risposte

13 Set

  Quale dovrebbe essere, secondo lei, la funzione dello spettatore in un teatro di questo genere?

 "…Ci interessa invece quello spettatore che nutre autentiche esigenze spirituali e che desideri realmente auto-analizzarsi, per mezzo di un confronto diretto con la rappresentazione. Ci interessa quello spettatore che non si arresta ad uno stadio elementare di integrazione psichica, pago della sua angusta, geometrica stabilità spirituale, che sa esattamente ciò che è bene e cio che è male e ignora il dubbio. Poichè non è a lui che si sono rivolti El Greco, Norwid, Thomas Mann e Dostojevskij, ma a colui che subisce un processo evolutivo senza fine, la cui inquietudine non è generica, ma indirizzata verso la ricerca della verità su se stesso e sulla sua missione nella vita."

 Si deve dedurre che si tratterà di un teatro d’èlite?

 "Sì, ma non di quella èlite determinata dall’estrazione sociale o dalla posizione economica dello spettatore e neppure dal suo grado di istruzione. L’operaio che non è mai stato al liceo può essere in grado di attuare questo processo di ricerca creativo di sè, mentre il professore universitario può essere, a questo riguardo, morto, permanentemente forgiato, ricomposto nella terribile rigidità di un cadavere. Questo deve essere chiarito fin dall’inizio non ci interessa un pubblico qualsiasi, ma un pubblico particolare…"

*** Dall’ intervista " Il nuovo testamento del teatro" 1964. Domande di Eugenio Barba per Jerzy Grototowski. Testo di riferimento " Per un teatro povero"J . Gortowski.

Le sottolineature sono le mie…rileggo questo testo e mi accorgo di quanti travisamenti sono arrivati alle mie orecchie tramite le parole di altri. Ripartire dalla fonte originale. 

Mudra मुद्रा

31 Mag

Mudrā (Sanscrito, मुद्रा, literally "sigillo"; inzō in Giapponese è un gesto simbolico delle mani o delle dita, insieme alle asana (posizioni) sono utilizzate nella pratica meditativa dello yoga.

 

KATHAKALI:
Ha origine nel Kerala, nella parte sud-occidentale dell’India. Secondo racconti popolari il Kerala fu creato da Parasurama, il brahmana guerriero che, per espiare il suo peccato di matricidio, creò questa terra per donarla ai brahmana. Egli lanciò la sua ascia di battaglia verso l’Oceano Indiano, l’acqua si ritirò fino a creare un pezzo di terra.
Il Kerala ospitò diversi popoli, per questo divenne sede di una cultura eclettica, assimilando influenze diverse. Pare che prima dell’avvento degli ariani, gli abitanti del Kerala fossero già puri dravidici.
Il Kathakali ebbe origine nel XV sec. E’ una forma di teatro-danza. Forme di teatro-danza già esistevano in Kerala prima della venuta degli ariani. Si recitava nel cortile del tempio, dove c’era un piccolo palco permanente.
L’arte kathakali ha assorbito molto dalle più antiche forme di teatro, compresa la danza marziale, Sastrakali. Nel tempo questa antica arte è stata sostituita dal GITA GOVINDAM, famosa lirica di Jayadeva, teatro-danza basato sulla storia di Sri Krishna, che fu poi rimodellato e conosciuto sotto il nome di KRISHNANATTAM, che è colui che alza il sipario nell’opera Kathakali. Si pensa che il Kathakali sia un miglioramento di quest’ultima forma di teatro-danza.
Il Kathakali è un’arte difficile, in cui recitazione, danza, musica vanno all’unisono.
L’attore è addestrato per 6-10 anni ad un controllo completo sui muscoli del corpo. Inizia il programma con massaggi e bagni d’olio, per migliorare le articolazioni. I movimenti possono essere anche acrobatici. Gli attori elaborano una complessa tecnica psicofisica che rende possibile un controllo totale anche sui muscoli facciali. Alcuni riescono a raggiungere livelli di abilità tali che permettono di interpretare con metà viso Siva, dio della distruzione e con l’altra metà Parvati, dea della serenità e della pace. L’attore non deve parlare, tutto è narrato attraverso i movimenti del corpo, i mudra e le espressioni del viso. Ogni azione ha un effetto narrativo. Persino gli occhi danzano e narrano la storia con le palpebre e sopracciglia. Gli occhi vengono arrossati con un piccolo seme di melanzana, che irrita la pupilla, senza essere dannoso.
Ciascun mudra abbinato ad un altro ha un significato, indica una parola, un concetto. Sono i principali strumenti di espressione nella danza Kathakali. Ci sono 24 mudra di base e molti derivati: si possono ottenere oltre 2000 combinazioni.

ABHINAYA significa educare lo spettatore attraverso lo spettacolo, stimolando la sua capacità di godere di un’esperienza estetica. Nel teatro Kathakali l’HASTA MUDRA, il linguaggio dei gesti è un momento espressivo fondamentale, oltre che un linguaggio esoterico che risale ai testi sacri, i VEDA. Mentre in Occidente alla gestualità viene assegnata una funzione fatica, nella cultura induista c’è la convinzione che la comunicazione non è solo un fatto interpersonale logico, verbale, ma è una corrente energetica più profonda che l’attore convoglia su se stesso e invia al pubblico. L’attore Kathakali diventa così un tramite sovrumano tra divinità e pubblico, ricettacolo e dispensatore di energie. Ha questa capacità specifica di mostrare e generare emozioni, di evocare nello spettatore quel gusto, il sapore, RASA. Il rapporto che si stabilisce tra attore e spettatore è dunque un rapporto energetico, non puramente logico, come in Occidente.

Ci sono nove NAVARASA o umori, che costituiscono l’unione delle diverse espressioni del viso. Diversi tipi di attori, virtuosi, medi e bassi (in virtù). I Pacia, facce verdi, sono i buoni, personificazioni di divinità e re nobili. Predomina il sentimento di amore e pace. I Kathi sono i malvagi, il significato letterale è coltello. Sono gli unici personaggi che possono urlare sul palco. Viso verde e fronte rossa con bordo bianco. Il trucco è fortemente connotativo, aggiunge informazioni sui personaggi, persino il colore della barba: bianca=personaggi sovrumani, rossa=sovrumani ma terrificanti, nera=personaggi barbari, ladri. I demoni sono chiamati Kari. Verde=virtù, nero=male, rosso=ambizione e ferocia, giallo=passività, bianco=spiritualità. I costumi sono molto elaborati e pesanti.
La musica è molto importante, è l’anima della danza ed è modulata in accordo alle emozioni. Il cenda è uno strumento fondamentale, è un gran tamburo, battuto da un lato da due bacchette e si può sentire a forte distanza. Serve ad attrarre la gente a raggrupparsi per seguire una rappresentazione kathakali, che inizia di notte.
Fino all’alba seguiranno le storie. Viene allestito un pandal coperto di stuoie e fa da palco, decorato con foglie e fiori. Non c’è una linea di demarcazione tra palco e pubblico: sono sullo stesso piano. Imovimenti sono guidati dalla musica, che è di vitale importanza. L’unica illuminazione è fornita da una lampada alimentata con olio di cocco.
Articolo di Rossella Lozzi

Consiglio il sito di questo maestro che si trova spesso nel nostro paese:

 

8 Mag

"Programma delle “Lezioni di Teatro in Teatro”

L’Università del Teatro Urbano “Fabrizio Cruciani” diretta da Abraxa Teatro. Vi propopne uno dei “luoghi del possibile”, un luogo di cultura in particolare teatrale, che agisce sul campo proponendo seminari e interventi didattici di grande spessore e interesse. Un Comitato Scientifico di docenti universitari contribuisce alle iniziative didattiche per creare  “una casa del teatro”, uno spazio di ricerca applicato fruibile da tutti gli interessati.

 

8 Maggio  “Scenografia e Teatro”

Un incontro sull’ uso della scenografia in teatro a cura di Francesca Romana Rietti, dottore di ricerca con una tesi sui mimodrammi di Jean Louis Barrault, coadiuvata da Emilio Genazzini, regista di Abraxa Teatro. Nella lezione si esporrà l’elaborazione e l’impiego delle scenografie mobili dello spettacolo “Le Pietre della Memoria” che saranno mostrate sul palcoscenico. Francesca Romana Rietti ha lavorato presso l’Università di Aarhus (Danimarca) per un progetto di archiviazione e di costituzione di una mediateca in collaborazione con l’Odin Teatret. Ha scritto saggi e curato libri sul teatro contemporaneo. Insegna “Teoria e storia della scenografia” presso l’Università di Roma “La Sapienza”.Si terrà presso il Teatro di Villa Flora, via Portuense n°610, dalle 16.00 alle 18.00.

 

 

 

16 Maggio   “Come si diventa attori dell’ Odin Teatret”

 

 

Una conversazione con Roberta Carreri, con dimostrazioni del suo lavoro di attrice, brani di video e brani dal suo libro appena pubblicato, dal titolo "Tracce. Training e storia di un’attrice dell’Odin Teatret." Con la partecipazione dei professori Clelia Falletti e Luciano Mariti, dell’Università di Roma “La Sapienza”, e della dott. Francesca Romana Rietti, curatrice del libro.

 

Roberta Carreri. Attrice dell’Odin Teatret dal 1974, da allora ha partecipato a quasi tutti gli spettacoli di insieme del gruppo e ha creato due assolo performances con la regia di Eugenio Barba: Judith e Sale, e una dimostrazione di lavoro che è la sua autobiografia professionale: Orme sulla neve. Dirige l’Odin Week, il laboratorio per attori che si svolge due volte l’anno nella sede del teatro a Holstebro (Danimarca). È autrice di un libro sul suo lavoro: Tracce. Training e storia di un’attrice dell’Odin Teatret. Si terrà presso il Teatro di Villa Flora, via Portuense n°610, alle 16.30.

    

 casa editrice ….  http://www.principecostante.it/libri 

Per tutte le informazioni, date, conferme, costi ecc. si prega di contattare la segreteria di Abraxa Teatro ai numeri 0665744441-6570040 oppure via E-Mail lacapriola@tiscali.it

21 Apr

Rena Mirecka è un’attrice dell’Instytut Aktora Teatr Laboratorium di Jerzy Grotowski, con il quale ha lavorato 23 anni a partire dal 1959. Nel gruppo del Laboratorium che ha elaborato il Training per l’attore, Rena Mirecka ha svolto un compito molto importante: lo studio e il perfezionamento degli Esercizi plastici. Rena Mirecka ha interpretato il ruolo femminile principale in tutte le performance create da Jerzy Grotowski. Ha recitato in Polonia, in quasi tutti i Paesi europei, in USA, in Canada, in Australia, in Medio Oriente ed in Estremo Oriente. Dai primi anni ’70 ha condotto indipendentemente seminari teatrali con attori e persone aventi altre professioni. In seguito ha portato la sua esperienza sempre più in profondità, nel progetto Be here now – Towards (dal 1982 al 1988) realizzato in collaborazione con Mariusz Socha ed Ewa Benesz, anch’essi attori dell’Istituto di Jerzy Grotowski. Il progetto si è sviluppato attraverso esperienze seminariali, riservate a piccoli gruppi di persone, che si sono svolte in diversi Stati europei e dell’America, e in Israele nel deserto del Negev a Gerusalemme. Ogni viaggio ad Est, le nuove ispirazioni e le nuove pratiche e le esperienze più profonde trasformano… così è nato il progetto The Way to the Center (1988-1992). Dal 1992 Rena Mirecka, in collaborazione con i suoi colleghi, prosegue il progetto Now It’s The Flight e le attività del Laboratory Art Education. Inoltre dal 1993 è stata elaborata la ‘para-performance’ Canoa, una "ritual action" che si sviluppa nel corso di tre incontri aperti ad un gruppo di partecipanti.Dal 1992 Rena Mirecka, in collaborazione con Ewa Benesz, dirige l’International Center of Work Prema Sayi in Sardegna, presso Castiadas (Cagliari). Nel Centro si svolgono seminari e attività permanenti a cui partecipano studenti e ricercatori provenienti da diversi luoghi del mondo.

" Per anni Rena Mirecka – prima interprete femminile del Teatr Laboratorium- ha continuato a sviluppare la ricerca parateatrale nata intorno agli anni ’70 nell’ambito delle attività del Teatro Laboratorium, fondato in Polonia dal grande maestro Jerzy Grotowski.

La radice mitica e antropoogica del Parateatro risale alla notte dei tempi, esso può essere inteso come uno "speciale" processo formativo, che, attraverso arte, comunione, ritualità, tecniche psicocorporeee, anela ad "iniziare", equilibrare ed evolvere l’anima individuale, ricercando vie di armonizzazione con l’anima mundi.

Nel Parateatro si compie un processo per l’ispirazione ( che vuol dire incontro con lo spirito), quindi si pratica una ricerca artistica e spirituale, ma nel senso di un’arte e di una spiritualità "intime" e aperte ad ogni sincero insegnamento di amore e di libertà.

Si praticano diverse tecniche per conoscere e trasformare il corpo, la mente e lo spirito; possono svilupparsi forme creative, arti e riti che nascono dai propri sogni; ci si può avvicinare a forze ed essenze archetipiche praticando attivamente canti musiche danze e insegnamenti della tradizione rituale; si prova ad essere e a partecipare con autenticità, cercando di scoprire e di offrire la propria spontaneità umana e creativa. Così se si partecipa con sincerità e dedizione, si sente di essere più liberi, e di poter vivere, creare, dare, ricevere in armonia con le "energie sottili" della natura…" 

(Pier Pietro Brunelli)

Per chiunque fosse interessato dirigerà a Roma dal 26-30 maggio il laboratorio di ricerca "THE WAY"-info : www.laboratoriumteatro.it  Ringrazio <zingaro felice> per avere ispirato questo mio post ! Adoro la condivisione….

 

Cos' è I' ISTA?

19 Apr

 ISTA (International School of Theatre Anthropology),

concepita, fondata e diretta da Eugenio Barba  nel 1979; ha sede a Holstebro, Danimarca.

L’ISTA è un insieme multiculturale di artisti, operatori e studiosi, una sorta di università itinerante impegnata ad approfondire la conoscenza dei risvolti e delle valenze antropologiche dell’arte teatrale. L’ISTA tiene sessioni di lavoro periodiche su invito di istituzioni culturali nazionali e internazionali che provvedono anche al finanziamento dei lavori.Attraverso analisi comparative e dimostrazioni pratiche di lavoro, attori, danzatori, registi, coreografi, accademici, critici e studenti universitari, provenienti da tutto il mondo, affrontano lo studio di aspetti e temi particolari dell’arte scenica. L’istituzione rimane attiva anche tra una sessione e l’altra, attraverso contatti, scambi, iniziative e pubblicazioni. Nei suoi diciannove anni di vita l’ISTA è stata un laboratorio empirico, ecumenico e interdisciplinare di ricerca sui principi, i linguaggi e le tecniche teatrali, in una prospettiva transculturale.

ISTA X, Copenhagen, May 1996.I Made Dijmat and Thomas Leabhart improvising for Jerzy Grotowski (seduto nell’angolo a destra)… chissà come sarebbe stato lavorare con il grande maestro?

Uomo di genio polacco…

3 Apr

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Tadeusz Kantor, uno dei più grandi drammaturghi del Novecento, nasce il 6 aprile 1915 a Wielopole (Polonia), un villaggio a pochi chilometri da Cracovia, da madre cattolica e padre ebreo. E’ però costretto a crescere con la sola madre e lo zio prete, poiché il padre, dopo la fine della prima guerra mondiale, era fuggito con un’altra donna, senza far mai più ritorno a casa. Di lui si sa però che morì qualche decennio dopo nei campi di sterminio.
Dopo aver completato l’istruzione primaria nell’economicamente depressa Polonia, il futuro drammaturgo si iscrive poco più che maggiorenne all’Accademia di Belle Arti di Cracovia, dove assimila la lezione teatrale delle teorie artistiche di matrice simbolista e del Bauhaus.

Il talento di Kantor si è comunque sempre espresso in più direzioni. Durante la seconda guerra mondiale si ritrova a fabbricare bambole (memore della lezione di Gordon Craig, suo insegnante in Accademia, teorico della supermarionetta teatrale), ma è anche pittore e decoratore. In seguito, fonda il Teatro Indipendente, una compagnia teatrale clandestina che raccoglie attori e artisti, condannata a perpetuare le sue rappresentazioni in condizioni di estrema difficoltà e con lo spauracchio di vedersi le bombe cadere in testa da un momento all’altro. Di fatto, questo tipo di esperienza, il contatto diretto da un lato con la morte e dall’altro con la paradossale sublimità del teatro, lo porta ad elaborare una visione del tutto personale della performance teatrale, in cui si percepisce distintamente il senso frustrante della perdita di certezze tipica del Novecento.

Ma è solo nel 1955, che Kantor dà vita a quella che è ricordata come una delle più grandi esperienze del Teatro europeo del nostro secolo il "Cricot 2" (anagramma dell’espressione polacca "ecco il circo"). Un gruppo di artisti eterogenei, attori professionisti e dilettanti, pittori, poeti, teorici dell’arte, questa era l’anima del Teatro Cricot 2, una eccezionale fusione tra la pittura ed il Teatro. D’altronde, la passione per la pittura, ha contribuito non poco a fare di Kantor un uomo di Teatro molto speciale, incapace di lasciarsi influenzare da qualsivoglia dottrina costituita. Fino alla metà degli anni settanta, la compagnia (composta da artisti ma non attori professionisti) rappresenta solo sei spettacoli, di cui cinque su testi di Stanislaw Witkiewicz. La prassi kantoriana, in questo periodo, è infatti la sperimentazione di diversi linguaggi sui testi di un unico autore.

Kantor e il Cricot 2 acquistano però fama mondiale fra il 1975 e il 1980 con la celebre opera teatrale

 "La classe morta"

In essa non si sviluppa una storia e i personaggi vi appaiono piuttosto come in una struggente evocazione. L’autore stesso l’ha definita una "seduta drammatica" che passa attraverso una comicità livida e familiare allo stesso tempo, straziata dal nichilismo. Durante questi anni, dunque, Kantor acquista notorietà internazionale anche come artista figurativo e sperimenta sia la tecnica dell’emballage sia la strada dell’happening.

Nella successiva pièce del 1980, "Wielopole Wielopole" (basato sui ricordi dell’omonimo paese natale), sono al centro dello spettacolo i meccanismi della memoria, mentre in quello dell’85, "Crepino gli artisti", il drammaturgo scava nei rapporti fra memoria e identità, disvelando come in questo meccanismo giochi un ruolo fondamentale anche la rimozione di quella memoria così tanto idolatrata. Nella rappresentazione, Kantor incontra l’immagine di se stesso a sei anni, da adulto e da vecchio morente, così come in "Qui non ci torno più", del 1988, metterà in scena se stesso mentre incontra i personaggi cui ha dato vita con la sua opera. L’ultimo spettacolo, "Oggi è il mio compleanno", sempre lo stesso Kantor, in un vertiginoso gioco di specchi fra realtà e finzione, muore all’alba del giorno della prova generale.

Potrà stupire questo eccesso di autobiografismo, ma la verità è che gli spettacoli di Kantor sono tutti contraddistinti proprio da una forte componente autobiografica e sono segnati da un forte egocentrismo.

Un Teatro quindi privo di alcune componenti tradizionali e che rappresenta una forma di espressione unica. Unica perché paradossalmente dipendente dal suo creatore, ma proprio per questo intensamente vera. Come vero dovrebbe essere il Teatro. Fiumi di inchiostro sono stati utilizzati per scandagliare questo rapporto tutto particolare che il drammaturgo ha stabilito fra vita e rappresentazione, fra autore e fruitore, in una logica dove tutte le distinzioni appaiono sfumate. E’ forse per questa intrinseca ragione che Kantor non ha lasciato eredi né una scuola, e che la sua scomparsa(8 dicembre 1990) abbia generato un grande senso di vuoto in chi lo ha conosciuto. Tuttavia, la sua concezione della vita e dell’arte rivivono talvolta nella sperimentazione e nell’immaginario teatrale dei più sensibili drammaturghi contemporanei.

testo tratto da: http://biografie.leonardo.it  video: http://www.sfmelrose.u-net.com