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28 Dic

Io, durante il training, in uno scatto di Claudio Oliva…..

 

"Un attore può essere guidato e ispirato soltanto da qualcuno che sia impegnato con tutta l’anima nella sua attività creativa. Il regista mentre guida e ispira l’attore deve al tempo stesso lasciarsi guidare e ispirare da quest’ultimo. Si tratta di libertà, di collaborazione e non presuppone una mancanza di discpilna, ma un rispetto per l’autonomia degli altri. Il rispetto per l’automomia dell’ attore non significa anarchia, indulgenza nella richieste, discussioni interminabili, e sostituzione dell’azione con fiumi interminabili di parole. Il rispetto per l’autonomia, invece, implica vastissime richieste, l’aspettarsi il massimo sforzo creativo e la più personale penetrazione. Compreso questo, la sollecitutdine per la libertà dell’attore può essere generata dalla pienezza della guida e non dalla sua carenza di pienezza. Una tale carenza presupporebbe soperchieria, dittatura e ammaestramento superficiale."

[breve ma intensa affermazione tratta da un testo  che Jerzy Grotowski ha scritto per adoperarlo all’interno del suo Teatro Laboratorio; egli lo ha destinato in particolare a quegli attori che stanno attraversando un periodo di prova prima di venire accolti nella troupe allo scopo di rendere loro familiari i principi e i fondamenti che ispirano il lavoro. Testo di riferimento "Per un teatro povero"di Jerzy Grotowski, Bulzoni Editore.]

5 Dic

Akira Kasai performs in "Pollen Revolution." (Courtesy of UMS)
IL BUTO DI AKIRA KASAI QUESTA SERA AL TEATRO PALLADIUM H20.30 E NON SOLO….
Akira Kasai cresciuto nel dopoguerra in Giappone, negli anni dell’università voleva fare l’attore. Si ritrovò invece a studiare yoga, aikido e danza:espressionista, classica, tradizionale giapponese. A vent’anni partecipò ai primi "dance experience" di Tatsumi Hijikata e sperimentò un modo di percepire il corpo senza più tecniche e regole, facendosi preda degli istinti più neri e incontrollati.Aprì una scuola, la "Casa degli angeli" e ,incapace di tenere insieme la sua attività artistica e la sua vita quotidiana, abbandonò le scene trentenne per trasferirsi in Germania a studiare l’Euritmia alla scuola di Rudolf Steiner. Prima che tornasse sul palcoscenico sono passati 14 anni. Ma il ritorno è stato un trionfo….
Io vado………….
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Riflessioni da prima platea:
La serata dà spazio a tre generazioni di danzatori buto, dal più al meno giovane.
Sola, me ne sto inchiodata alla poltroncina color canarino del Teatro Palladium di Roma.
Il secondo intervallo è per me una pausa interrogativa, avvolta da curiosità e perplessità.
Dove sono finiti i volti dipinti di bianco? La lentezza dei movimenti? Dove lo spirito porvocatorio?
In ultimo Akira Kasai, con "Les Quompeitaux", risponde alle mie domande:
posso trovare la forma che cerco in coloro che hanno vissuto il passato trasportandone il senso. Vera

Mudra मुद्रा

31 Mag

Mudrā (Sanscrito, मुद्रा, literally "sigillo"; inzō in Giapponese è un gesto simbolico delle mani o delle dita, insieme alle asana (posizioni) sono utilizzate nella pratica meditativa dello yoga.

 

KATHAKALI:
Ha origine nel Kerala, nella parte sud-occidentale dell’India. Secondo racconti popolari il Kerala fu creato da Parasurama, il brahmana guerriero che, per espiare il suo peccato di matricidio, creò questa terra per donarla ai brahmana. Egli lanciò la sua ascia di battaglia verso l’Oceano Indiano, l’acqua si ritirò fino a creare un pezzo di terra.
Il Kerala ospitò diversi popoli, per questo divenne sede di una cultura eclettica, assimilando influenze diverse. Pare che prima dell’avvento degli ariani, gli abitanti del Kerala fossero già puri dravidici.
Il Kathakali ebbe origine nel XV sec. E’ una forma di teatro-danza. Forme di teatro-danza già esistevano in Kerala prima della venuta degli ariani. Si recitava nel cortile del tempio, dove c’era un piccolo palco permanente.
L’arte kathakali ha assorbito molto dalle più antiche forme di teatro, compresa la danza marziale, Sastrakali. Nel tempo questa antica arte è stata sostituita dal GITA GOVINDAM, famosa lirica di Jayadeva, teatro-danza basato sulla storia di Sri Krishna, che fu poi rimodellato e conosciuto sotto il nome di KRISHNANATTAM, che è colui che alza il sipario nell’opera Kathakali. Si pensa che il Kathakali sia un miglioramento di quest’ultima forma di teatro-danza.
Il Kathakali è un’arte difficile, in cui recitazione, danza, musica vanno all’unisono.
L’attore è addestrato per 6-10 anni ad un controllo completo sui muscoli del corpo. Inizia il programma con massaggi e bagni d’olio, per migliorare le articolazioni. I movimenti possono essere anche acrobatici. Gli attori elaborano una complessa tecnica psicofisica che rende possibile un controllo totale anche sui muscoli facciali. Alcuni riescono a raggiungere livelli di abilità tali che permettono di interpretare con metà viso Siva, dio della distruzione e con l’altra metà Parvati, dea della serenità e della pace. L’attore non deve parlare, tutto è narrato attraverso i movimenti del corpo, i mudra e le espressioni del viso. Ogni azione ha un effetto narrativo. Persino gli occhi danzano e narrano la storia con le palpebre e sopracciglia. Gli occhi vengono arrossati con un piccolo seme di melanzana, che irrita la pupilla, senza essere dannoso.
Ciascun mudra abbinato ad un altro ha un significato, indica una parola, un concetto. Sono i principali strumenti di espressione nella danza Kathakali. Ci sono 24 mudra di base e molti derivati: si possono ottenere oltre 2000 combinazioni.

ABHINAYA significa educare lo spettatore attraverso lo spettacolo, stimolando la sua capacità di godere di un’esperienza estetica. Nel teatro Kathakali l’HASTA MUDRA, il linguaggio dei gesti è un momento espressivo fondamentale, oltre che un linguaggio esoterico che risale ai testi sacri, i VEDA. Mentre in Occidente alla gestualità viene assegnata una funzione fatica, nella cultura induista c’è la convinzione che la comunicazione non è solo un fatto interpersonale logico, verbale, ma è una corrente energetica più profonda che l’attore convoglia su se stesso e invia al pubblico. L’attore Kathakali diventa così un tramite sovrumano tra divinità e pubblico, ricettacolo e dispensatore di energie. Ha questa capacità specifica di mostrare e generare emozioni, di evocare nello spettatore quel gusto, il sapore, RASA. Il rapporto che si stabilisce tra attore e spettatore è dunque un rapporto energetico, non puramente logico, come in Occidente.

Ci sono nove NAVARASA o umori, che costituiscono l’unione delle diverse espressioni del viso. Diversi tipi di attori, virtuosi, medi e bassi (in virtù). I Pacia, facce verdi, sono i buoni, personificazioni di divinità e re nobili. Predomina il sentimento di amore e pace. I Kathi sono i malvagi, il significato letterale è coltello. Sono gli unici personaggi che possono urlare sul palco. Viso verde e fronte rossa con bordo bianco. Il trucco è fortemente connotativo, aggiunge informazioni sui personaggi, persino il colore della barba: bianca=personaggi sovrumani, rossa=sovrumani ma terrificanti, nera=personaggi barbari, ladri. I demoni sono chiamati Kari. Verde=virtù, nero=male, rosso=ambizione e ferocia, giallo=passività, bianco=spiritualità. I costumi sono molto elaborati e pesanti.
La musica è molto importante, è l’anima della danza ed è modulata in accordo alle emozioni. Il cenda è uno strumento fondamentale, è un gran tamburo, battuto da un lato da due bacchette e si può sentire a forte distanza. Serve ad attrarre la gente a raggrupparsi per seguire una rappresentazione kathakali, che inizia di notte.
Fino all’alba seguiranno le storie. Viene allestito un pandal coperto di stuoie e fa da palco, decorato con foglie e fiori. Non c’è una linea di demarcazione tra palco e pubblico: sono sullo stesso piano. Imovimenti sono guidati dalla musica, che è di vitale importanza. L’unica illuminazione è fornita da una lampada alimentata con olio di cocco.
Articolo di Rossella Lozzi

Consiglio il sito di questo maestro che si trova spesso nel nostro paese:

 

Cos' è I' ISTA?

19 Apr

 ISTA (International School of Theatre Anthropology),

concepita, fondata e diretta da Eugenio Barba  nel 1979; ha sede a Holstebro, Danimarca.

L’ISTA è un insieme multiculturale di artisti, operatori e studiosi, una sorta di università itinerante impegnata ad approfondire la conoscenza dei risvolti e delle valenze antropologiche dell’arte teatrale. L’ISTA tiene sessioni di lavoro periodiche su invito di istituzioni culturali nazionali e internazionali che provvedono anche al finanziamento dei lavori.Attraverso analisi comparative e dimostrazioni pratiche di lavoro, attori, danzatori, registi, coreografi, accademici, critici e studenti universitari, provenienti da tutto il mondo, affrontano lo studio di aspetti e temi particolari dell’arte scenica. L’istituzione rimane attiva anche tra una sessione e l’altra, attraverso contatti, scambi, iniziative e pubblicazioni. Nei suoi diciannove anni di vita l’ISTA è stata un laboratorio empirico, ecumenico e interdisciplinare di ricerca sui principi, i linguaggi e le tecniche teatrali, in una prospettiva transculturale.

ISTA X, Copenhagen, May 1996.I Made Dijmat and Thomas Leabhart improvising for Jerzy Grotowski (seduto nell’angolo a destra)… chissà come sarebbe stato lavorare con il grande maestro?

Stimolazione del tronco

10 Mar

http://www.geocities.com/junebug55ca/Asanas.htm

BENEFICI DI QUESTA POSIZIONE : E’ CONSIDERATA LA PANACEA DEL RACHIDE. LA PRATICA COSTANTE DI QUEST’ ASANA RIPORTA I DISCHI INTERVERTEBRALI NELLA LORO POSIZIONE ORIGINALE – STIMOLA LA TIROIDE E LE SURRENALI – INCREMENTA LA CIRCOLAZIONE E STIMOLA GLI ORGANI SESSUALI.

 " là dove c’è un’emozione, il movimento parte dal tronco e si ripercuote nele braccia in maggiore o minore misura; là dove il testo dà solo una spiegazione di pura comprensione, priva di qualsiasi pathos, il movimento può partire dalle braccia per spostare solo le braccia oppure coinvolgere anche il tronco.Se il testo è ricco, la dizione deve essere povera ed anche il mimo. Se il testo è povero la dizione sarà ricca ed anche il mimo. Tutto ciò, non è semplice e lo scopo di questo articolo è di turbare le coscienze tranquille, non di illuminarle.

Chi vorrà la luce dovrà studiare.

L’arte mimica dell’attore parlante è certamente meno faticosa di quella del mimo puro, ma proprio per il fatto di essere discreta e meno voluminosa, essa più dell’arte del suo fratello muto, è sottile, poco intellegibile, perfino misteriosa."….

Stoccolma 1954 da uno scritto di E.Decroux (il grassetto ed il rosa sono i mie!)

 

 

 

Una piccola ricerca: cos' è il Ki ?

16 Feb

Storia del Ki

Il concetto orientale di KI è di difficile definizione.
In Giappone, tale termine è usato quotidianamente a partire dall’instaurarsi della cultura cinese. Il KI esprime il concetto delle energie fondamentali dell’universo, di cui fanno parte la natura e le funzioni della mente umana. Nell’antica Cina, poiché era visto come la forza che originava tutte le funzioni fisiche e psicologiche, il concetto di KI venne ampiamente utilizzato nella medicina orientale, nelle arti marziali
ed in molti altri aspetti della vita a partire dalla vita militare; il concetto di KI fu utilizzato per determinare il massimo livello della forza dei soldati, per scegliere in base a ciò il movimento militare idoneo. In seguito, lo studio dei KI divenne una forma di pratica di predizione del destino, mediante l’abilità dell’indovino di leggere il KI di un individuo.
In Oriente il corpo e la mente non esistono come entità distinte. Quindi ogni lato della cultura orientale (la Filosofia, l’Arte, le arti marziali, la medicina) tentano con molto impegno e sforzo costante di giungere alla vita universale attraverso una comprensione empirica dell’unione di mente e corpo.

 

Il KI nella filosofia

La possibile traduzione dell’ideogramma  KI, è Essenza Individuale, cioè quella peculiare caratteristica che distingue ogni essere da tutti gli altri. Secondo una interpretazione spirituale o filosofica potremmo parlare di Anima, di Microcosmo, di Coscienza, di Psiche oppure più concretamente di Personalità, Individualità, Carattere, Identità. Ciò che importa stabilire ora è l’esistenza di una energia che muove dall’interno del nostro corpo (inteso come sistema Mente/Corpo) e gli permette di interagire con la realtà. La cellula è l’unità fondamentale della materia vivente, il suo cuore è il nucleo, il suo corpo è la membrana citoplasmatica. La membrana plasmatica non è solamente una barriera passiva tra l’ambiente esterno e quello interno della cellula, ma è capace di governare il passaggio delle sostanze che l’attraversano. Durante lo sviluppo dell’organismo, sono le cellule che evolvendosi e specializzandosi formano i tessuti. La cellula consiste quindi dei componenti essenziali, necessari al processo vitale, in grado di fornire a tutto l’organismo energia e materiali di costruzione. Il complesso delle reazioni che generano energia è detto respirazione interna, per distinguerlo dalla respirazione polmonare. Crescita, rinnovamento e riparazione sono le caratteristiche fondamentali di ogni tipo di vita. Nell’ essere umano esiste una memoria di un passato antichissimo, un collegamento con i primordi della vita ed esistono misteriose e segrete, le istruzioni per edificare l’intera vita. Le cellule sanno perfettamente quello che devono fare la crescita, la vita e la riproduzione. Questa conoscenza è una forma di energia, ed è in questo senso che si intende il KI, come energia ancestrale, primordiale, come memoria, saggezza e armonia interiori, collegamento a tutti gli esseri precedenti e conseguenti. Il Ki è l’essenza, il seme, il germe, il nucleo dove si condensa il significato della vita. Come la cellula conosce il proprio scopo, sa chi è e cosa deve fare e lavora instancabilmente per essere sé stessa, anche l’essere umano ha un preciso compito nella vita. Cercarlo, scoprirlo, comprenderlo e realizzarlo è la chiave della felicità.Ki è quindi la Forza Vitale che scorre in ogni organismo vivente. In Sanscrito è conosciuta come Prana, nella Medicina tradizional cinese si chiama Chi, e circola negli organi interni e nei meridiani generando i principali processi fisiologici come la respirazione, la digestione, la circolazione sanguigna e linfatica, la secrezione e l’escrezione. Nelle arti marziali indica la capacità di concentrare e dirigere il potere personale durante il combattimento, (Kumite). Le pratiche yogiche di respirazione o Pranayama mettono in condizione di accumulare l’energia all’interno del corpo, attraverso la meditazione, i mudra, i mantra possiamo interagire con il nostro equilibrio psico-fisico.

Il Ki (Chi) nelle arti marziali

"Nella pratica, quando il tuo avversario sferra un colpo, devi già essere in movimento. Dopo che l’hai visto muoversi, è già troppo tardi ed un falso movimento da parte tua è fuori luogo, perché il colpo del tuo avversario è quasi mortale. Muoversi simultaneamente con il colpo; si deve sentire l’intenzione dell’avversario. Ma, in realtà, non è questione di usare la mente, ci si deve muovere naturalmente, senza pensarci. Quando raggiungerai questo stato, riuscirai a muoverti simultaneamente con l’ordine. Se pensi troppo all’inizio del colpo dell’avversario, non ti renderai conto dei suoi movimenti. Solo quando la tua mente è tranquilla come una pozza d’acqua e sei fisicamente all’erta, potrai renderti conto dei movimenti dell’ avversario e della sua respirazione naturale. In questo stato sentirai i cambiamenti di sentimento del tuo avversario" di Ueshiba Morihei.

  Ueshiba Morihei – fondatore dell’ Aikido 1883-1969

Attraverso la respirazione il Ki si accumula e riempie tutte le parti del corpo. Ma viene emanata solo quando corpo e mente sono sereni e distesi.
Nell’Aikido o nel Taijiquan ogni gesto è un movimento di energia, nel Karate, nel Judo, nel Ju Jitsu non è importante la forza muscolare quanto l’abilità di gestire e direzionare il Ki.

Il Maestro Shingeru Egami (Shotokai) in un passaggio del suo libro Karate-Do Nyumon dice:

"Il problema della mente è profondo. La sua elevazione ad uno stato superiore, l’allargamento e la purificazione di sestessi, sono le ultime cose da conseguire per mezzo della pratica. Si devono allenare mente e corpo, perché diversamente la pratica non ha senso. Tentando di pulire la vostra mente dalle impurità della vita quotidiana, per mezzo del contatto spirituale con gli altri. La mente ed il corpo sono simili a due ruote di un carro, nessuna delle due ha il predominio. Questa è la pratica autentica. Ottenere qualcosa di valore spirituale nella vita è vera pratica. Entrando in contatto fisico con gli altri, si entrerà anche in contatto spirituale. Nella vita quotidiana bisogna arrivare a conoscere le nostre relazioni con gli altri, come ognuno di noi influisca sugli altri e come le idee si possano scambiare. Si devono rispettare gli altri e pensare bene di loro. Le persone devono essere mentalmente aperte e rispettose del benessere e della felicità altrui. In un combattimento, quando riuscirete a trascendere dalla semplice pratica, riuscirete ad essere una cosa sola con il vostro avversario’."

Il KI unifica la stessa base della mente e del corpo ed allo stesso tempo instaura una relazione reciproca con tutte le cose. Ogni cosa vivente deriva dal ki, il quale colma l’ universo. Il KI individuale ed il KI della natura sono uniti e s’influenzano reciprocamente. Il KI non è tangibile, ma attraverso le discipline orientali la mente può aprirsi ad esso avvertendone la presenza. Il maestro di Arti Marziali se lo specchio della sua anima è molto chiaro, vede tutto senza vederlo, distinguendo con esattezza senza distinguere.
Molte culture orientali si fondano su questo concetto. Per l’occidente il KI è un concetto nuovo e vista la predisposizione a vedere tutto in termini di analisi scientifica e culturale, non è facile da comprendere. Vi è un KI "innato" nella fonte della vita, il feto, e un KI "acquisito" che si accumula esternamente dopo la nascita materializzandosi in tre tipi precisi: Si crede che il KI fluisca prima attraverso il meridiano del rene e questa è la ragione per cui nelle arti marziali orientali il punto di energia più importante dei corpo è quello che si trova sotto l’ombelico e corrisponde al meridiano del rene: centro dei KI. Se si riesce ad individuare e controllare questo centro è possibile superare ogni tensione e trasformare tutto in ciò che emana il "centro". La sua influenza nelle funzioni della mente e del corpo dipende dalla visione dell’esterno che ognuno di noi ha. La vita è mantenuta da una relazione tra KI e mondo esterno.

Tratto da www.wikipedia.org

Enciclopedia aperta gestita da editori volontari. Ha come aspirazioni fondamentali contenuto libero ed articoli oggettivi.

I Chakra

14 Feb
I chakra, dal sanscrito ‘ruota’, sono punti energetici che per la loro forma ad imbuto e per il loro movimento circolare, assomigliano a delle vere e proprie ruote. I chakra principali sono sette anche se poi esistono i cosidetti "chakra minori" collocati in punti diversi del nostro corpo astrale. I sette principali, dal basso verso l’alto, sono:

Primo chakra – sopravvivenza, colore rosso
Il primo chakra si trova alla base della spina dorsale, intorno al perineo. La sua funzione principale è legata a una forte connessione con il corpo fisico e con la vita sul pianeta Terra.
Attività collegate a questo chakra sono: mangiare, dormire, guarire da malattie, sentirsi sicuri guadagnandosi da vivere, fare esercizio fisico, ecc. È un chakra fondamentale poiché non potremo concentrare le nostre attenzioni su altre attività prima che la nostra sopravvivenza sia assicurata. Durante i periodi di grossi cambiamenti nella vita (cambio di lavoro o abitazione, divorzio e così via) questo chakra avrà bisogno di maggiori attenzioni, in quanto ci sentiremo meno sicuri e più vulnerabili.
Un primo chakra semi-bloccato è sinonimo di scarsa stabilità; quando invece è iperattivo, rischiamo di attaccarci troppo ai beni materiali e di rifiutare ogni tipo di cambiamento, bloccando la nostra crescita.
Il primo chakra è associato all’elemento Terra e alla forza di gravità. Senza delle buone fondamenta, niente di quello che facciamo e creiamo sarà duraturo. Un buon funzionamento di questo centro indica senso pratico e la capacità di gestire la vita quotidiana con efficienza.

Secondo chakra – trasformazione, colore arancione
Il secondo chakra è il sito della vita, è collocato tra l’ombelico e i genitali e governa l’energia sessuale e il desiderio di piacere. È connesso con l’elemento Acqua, con la circolazione, l’eliminazione e la riproduzione.
Quando questo chakra è danneggiato saremo "a terra", noiosi e poco vitali, non avremo passioni o desideri e manifesteremo poco interesse nei confronti del sesso. Con un secondo chakra iperattivo, invece, saremo eccessivamente emotivi, drammatici e, talvolta, ipersessuati.

Terzo chakra – potere, colore giallo
Situato in prossimità del plesso solare, il terzo chakra è associato al sole e alla luna, alla parte maschile e femminile di noi stessi, e determina il nostro potere personale, che viene a mancare quando il nostro ego non è sano. È connesso con l’elemento Fuoco, che dona luce e calore.
A livello fisico, governa il metabolismo, il processo della trasformazione del cibo in energia (problemi digestivi o disturbi allo stomaco sono talvolta legati al cattivo funzionamento di questo centro).
Quando il terzo chakra è iperattivo, spesso si manifesta eccessiva ambizione e sete di potere. Al contrario, in presenza di un terzo chakra semi-bloccato, la scarsa autostima si manifesterà in eccessiva timidezza e riluttanza a correre rischi e a far valere i propri diritti.

Quarto chakra – amore, colore verde
Il quarto chakra, situato vicino al cuore, agisce da ponte tra corpo e mente e, secondo alcune teorie, è qui che risiede la nostra anima.
Il chakra del cuore è connesso al concetto dell’Amore e all’elemento Aria. Questo Amore è diverso dalla passione del secondo chakra, trascende i confini e connette con lo spirito. Esso implica compassione, equilibrio, tenerezza e perdono.
Un blocco in questo centro può influenzare anche la funzione del terzo chakra, alterando la nostra autostima, ma più spesso si manifesta in difficoltà nell’area delle relazioni e ci fa sentire poco amati.

Quinto chakra comunicazione, colore blu
Il quinto chakra è situato alla base del collo e rappresenta comunicazione e creatività.
Uno degli elementi associati a questo chakra è l’etere, un altro elemento è il suono, che altro non è che una vibrazione. Dato che tutto ciò che esiste è vibrazione, il suono ha la capacità di modificare le frequenze vibrazionali di persone e oggetti ed è potenzialmente molto potente.
La comunicazione sana implica sia parlare, sia ascoltare. Con un quinto chakra bloccato, si tende a parlare poco, ci saranno difficoltà a esprimere se stessi, paura di esprimere le proprie opinioni, oppure eccessiva timidezza. Quando questo centro è troppo aperto, invece, si corre il rischio di dimenticare di ascoltare gli altri poiché si è troppo impegnati a esprimere se stessi. Un quinto chakra equilibrato esalta il nostro potenziale creativo.

Sesto chakra – intuizione, colore indaco
Situato tra i due occhi, il sesto chakra è anche conosciuto come il "terzo occhio" e governa percezioni intuitive e psichiche. Nel terzo occhio, conserviamo anche le nostre memorie e i sogni e immaginiamo il futuro. Come sappiamo, ciò ha il potere di influenzare gli eventi nella nostra vita.
L’elemento associato al sesto chakra è la luce, che ha una vibrazione più veloce di quella del suono ed è in grado di raccogliere informazioni sul lontano passato e anche sul futuro.
Lo scopo di questo centro è percepire le nostre immagini interiori per ottenere informazioni che non si possono avere in altri modi. In stato di sviluppo ottimale dona chiaroveggenza. Quando è semi-bloccato, si potranno avere problemi agli occhi e alla testa; in presenza di un terzo occhio iperattivo, invece, si rischiano confusione e allucinazioni.

Settimo chakra – consapevolezza, colore violetto
Il settimo chakra governa consapevolezza e informazione ed esprime il concetto di infinito. Il suo elemento è il pensiero, senza il quale non potremmo creare, ottenere informazioni e manifestare i nostri obiettivi e desideri.
Questo chakra ha una particolare qualità di interiorità ed è in grado di ridurre il mondo in simboli, creando ordine e trovando risposte nelle sfere più sottili e cosmiche del nostro essere. Ciò significa che il settimo chakra è la via alla consapevolezza cosmica e all’ordine supremo in quanto, attraverso simboli e altre meta-comunicazioni, il nostro Io superiore parla con noi.

Cos'è l' Hatha Yoga?

1 Feb

Queste posizioni sono tratte dal libro "Surya Namaskara – Lo yoga del sole" di Apa P. Pant – casa editrice Astrolabio, Roma, 1974

Lo hatha-yoga è costituito da un complesso di esercizi fisico-ginnici, o âsana, e da esercizi di controllo della respirazione (più propriamente del prâna, «soffio vitale»), o prânâyâma, perfezionati nel corso dei secoli da generazioni di yogin.La pratica dello hatha-yoga tende al raggiungimento dell’equilibrio psico-fisico, di una maggiore consapevolezza dei nostri processi vitali, fisiologici e, più in generale, del nostro corpo in ogni sua parte.Come raggiungiamo tale equilibrio e tale consapevolezza? Con la pratica costante e regolare.Se analizziamo infatti il significato del termine hatha, scopriremo che esso indica appunto «sforzo», «ostinazione», «pertinacia».La pratica riveste quindi un’importanza fondamentale, andando a modificare lo stato mentale e fisico del discepolo.Ecco alcuni dei più evidenti benefici:miglioramento generale nello stato di salute; maggiore calma e capacità di concentrazione; tonificazione muscolare e miglioramento della mobilità articolare; regolarizzazione del peso corporeo; maggiore vitalità anche in età avanzata. Ricordiamo però che uno dei principi fondamentali dello Yoga è di non ricercare i frutti delle proprie azioni (karma-yoga): la pratica andrà pertanto eseguita per sé stessa, senza preoccuparsi del risultato by www.yoga.it

Ho apprezzato questa descrizione concisa e chiarificatrice.Per chi fosse interessato ad intraprendere questa disciplina consiglio per esperienza personale, se vi trovate Roma l’Istituto Universale di Yoga www.istitutoyoga.it, un’ambiente sereno e serio. Non mi piace che lo yoga (non solo in teatro) venga snaturato e spettacolarizzato….Se decidi di avvicinarti a questa diciplina consiglio di continuare almeno un’anno, per poter cominciare a sentire/ti.Non sarà facile, a volte conciliare il traffico di una grande città, le ansie/paure personali quotidiane, il rumore, la tv con questo nuovo universo fatto di silenzio, di concentrazione ed ascolto….ma penso che ne valga la pena.