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6 Nov

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Il punto di partenza fondamentale per l’attore, è che il suo corpo è sensibile al paesaggio immediato a contatto con cui recita. La piena attenzione della mente e del corpo dovrebbe risvegliarsi proprio in quel luogo e proprio in quel momento (non un’idea di tempo), e proprio con le persone che si trovano con lui in quel tempo e in quello spazio. La società industriale preme sempre per fare di noi degli «arrivisti», delle «merci». Molti dei nostri desideri sono creati artificialmente, così come molti dei nostri modelli non ce li scegliamo liberamente. Siamo educati e condizionati a essere «presenti» solo in relazione allo scopo. Quando vado da casa mia fino al negozio del droghiere non sono presente. Quando arrivo dal droghiere non sono presente fino a quando non torno a casa. Andando da un punto A a un punto B ci troviamo in una specie di non-vita, e da B a C è lo stesso. Questa è una delle nostre primissime lezioni… rapportarsi allo scopo. Questo ci insegna a vivere nel tempo assente. L’attore deve fissare le regole che si deve autoimporre. La tecnica dell’attore è una disciplina interna. La prima fase della preparazione di un attore, è molto spesso la tappa più lunga, consiste nel trovare dentro di sé un posto libero. Molto spesso l’attore crede erroneamente che la sua preparazione dovrebbe consistere nel riempirsi di profonde esperienze emozionali. Invece deve trovare uno spazio vuoto dove il flusso vitale scorra in lui inanimato e disponibile. Un luogo libero. Diciamo pure che è il posto da dove trae il respiro… non il respiro… ma da dove parte l’inspirazione. Un attore completamente preparato dal punto di vista emozionale, sovraccarica la sua vita interiore, riempie lo spazio libero, e tutto questo agisce contro la sua ricerca. Ci sono correnti di esperienze umane profonde e costanti, che scorrono in noi a un livello inferiore al suono. Quando ci occupiamo dei nostri rumori, non possiamo seguire questa corrente. Più un attore si compiace di questa sensazione che prova, più si allontana dalla corrente. Prima di tutto, l’attore deve essere presente nel suo corpo ,presente nella sua voce. Secondo, il corpo deve essere sveglio – per intero, le parti e il tutto – e deve essere pronto a reagire a stimoli fantastici e immediati. La voce deve essere viva e esistere entro lo spazio ambientale, sensibile agli stimoli esterni filtrati dalla mente, e profondamente risentiti nel corpo. La voce si origina dentro il corpo e arriva a esistere nello spazio. I sensi devono essere tesi a percepire quello che sta accadendo, e che sta per essere creato, trasformando lo spazio, sempre in grado di ritornare al quieto punto di partenza interno. Questo spazio interno c’è sempre, che si metta in contatto o no. Dobbiamo essere capaci di andare da qualche altra parte – dove, non sappiamo. C’è il pericolo di Perdersi. C’è il pericolo di perdersi. Prevedilo: calcolalo.

JOSEPH CHAIKIN 1935– 2003 (anche nella foto) " La presenza dell’attore", Einaudi, Torino 1976. http://www.josephchaikin.com/

23 Ott
Yes…I’m

Sure è un esperimento video ideato dalla coreografa/danzatrice Michela Minguzzi.

http://it.youtube.com/user/michelaminguzzidance

Realizzato a Roma nell’agosto del 2007 con l’ aiuto di Claudio Oliva e Ian Boon.

Cosa ne dite?

17 Ott

Un nuovo progetto impegna le nostre menti…

Nascono associazioni libere ed un po’ spaesate, 

che trovano rifugio in lunghi dialoghi a due.

Manteniamo un viglie ascolto con il quotidiano, indagandone la superficie.

Non è facile  prevedere quale direzione sceglieremo….

3 Ott

Ogni esperienza essenziale della nostra vita si realizza per il fatto che c’è qualcuno con noi.

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"Quel che importa non è come assicurarsi l’approvazione dello spettatore, ma accettarsi… Il nostro coraggio di scoprirci, di svelarci, ha un’altra difficoltà da superare, causata dagli occhi di uno sconosciuto. Non è sufficiente compiere ciò che ci rivela; si deve fare di più: compierlo, per quanto possibile, in piena luce, non furtivamente, ma apertamente. Non nascondersi significa semplicemente essere interi, allora la nostra esperienza e la nostra vita si aprono…"  1972 Jerzy Grotowski

 

29 Giu

Dal film " Santa Sangre" 1989 (Sangue Santo) di  Alejandro Jodorowsky.

In questa scena viene ricreato, almeno in parte, uno spettacolo del mimo francese Marcel Marceau , La creazione del mondo, una rilettura dei primi due capitoli del libro della Genesi in forma di pantomima. Jodorowsky e suo figlio avevano lavorato tutti e due con Marceau.

Alejandro Jodorowsky
È nato a Iquique (Cile) nel 1929. Suo nonno era un ebreo di origine russa, sfuggito alle persecuzioni in Ucraina e stabilitosi in America del Sud. Sua madre era una cantante d’opera, figlia di un ballerino, anche lui di origine russa. Bambino precoce, impara a leggere a quattro anni ed è subito attratto dai capolavori della letteratura francese, come I tre moschettieri di Alexandre Dumas. Nel 1942 la famiglia si trasferisce a Santiago. Lì frequenta per due anni l’università seguendo corsi di filosofia e di psicologia. Fa anche il clown in un circo, dando così inizio alla sua carriera d’attore e fonda un teatro di marionette. Nel 1955, con pochi soldi in tasca, va a Parigi e studia mimo con Marcel Marceau, per il quale scrive alcune pièce, come Il fabbricante di maschere o La spada del samurai. Stringe amicizia con lo scrittore e regista Fernando Arrabal e con il disegnatore Roland Topor. Nel 1962 i tre danno vita ad un movimento battezzato "Panico", in omaggio al dio Pan. Jodorowsky scrive diverse opere teatrali paniche, e un Metodo di Filosofia Panica. Dopo aver conosciuto il Messico nel 1960, in una tournée con Marcel Marceau, decide di stabilirsi lì, cosa che farà nel 1965, dando avvio a un’intensa attività teatrale. Mette in scena opere di Strindberg, Ionesco, Arrabal, Beckett, Shakespeare e Nietzsche. Realizza un fumetto, scrivendone il soggetto e disegnandolo, dal titolo Fábulas Pánicas, che pubblica settimanalmente in un importante giornale
…..

10 Giu

Podoff il teatro in rete nella figura di Francesa Candolfi così commenta la prima dello spettacolo "Pearl" Interno notte con figura insonne….mograzie!!!!…..leggi:  http://podoff.splinder.com/post/17366941/Pearl

7 Giu

DELLA RETORICA

La più grande maestra si rivela essere la pratica con tutto ciò che comporta…

Non tradire l’idea, è forse questo il segreto?

22 Mag

 NON E’ PURA UTOPIA :

Quello che inseguo è un teatro che riesca a pervadere ed  animare 

il mio quotidiano e quello di tutti coloro che vi partecipino….

Tutto potrebbe avere inizio da una visione che scuote o solletica alcune profondità

sconosciute o taciute…

Vi è mai capitato?

VIdeo da non perdere!!!!

18 Mar

Decroux Etienne (Parigi 1898-1991), attore, studioso e rinnovatore del mimo francese. Formatosi presso la scuola del Vieux-Colombier di Jacques Copeau, mise in scena il suo primo mimodramma, La vie primitive, nel 1931; lavorò anche nel cinema, interpretando Amanti perduti (1945) di Marcel Carné accanto a Jean-Louis Barrault, suo partner in molti spettacoli. Artista rigoroso, Decroux s’impegnò a fondo per creare una nuova forma di mimo, del tutto autonoma dagli altri generi teatrali, senza alcuna pretesa di realismo e basata esclusivamente sull’espressività del corpo. Nel 1940 fondò una scuola in cui insegnava agli allievi le tecniche fondamentali del mimo e gli esercizi per ottenere la necessaria preparazione fisica. Il suo lavoro ha inciso profondamente sull’arte teatrale del Novecento, ispirando tra gli altri Marcel Marceau ed Eugenio Barba.

Mi son piaciuti la statua e gli alberi a voi?

6 Mar

IMPROVVISAZIONE….

"Nell’ ambito del teatro contemporaneo di ricerca il rifiuto del testo drammatico o di una sua passiva accettazione, dell’ imitazione di modelli prestabiliti e di forme tradizionali aveva reso l’improvvisazione il fulcro del processo creativo dell’attore e dello spettacolo. Nascevano così il mito dell’improvvisazione ( a volte schermo per nascondere l’ignoranza del passato), l’atteggiamento fideistico verso il training, il caos spacciato per la spontaneità. L’errata interpretazione romantica della Commedia dell’Arte, come qualcosa di imprevisto ed irripetibile, inventato sul momento, sta all’origine della visione distorta dell’improvvisazione:  in realtà i comici italiani usavano una tecnica individuale che organizzava il proprio sapere drammaturgico e corporeo variando consapevolmente i temi.  Nel teatro Occidentale non esiste uno spartito per l’attore, eccetto il metodo Laban per la notazione della danza, nè un codice preciso alla base del lavoro da compiere in scena; al  contrario esso è codificato in modo preciso e rigido nei teatri orientali e l’improvvisazione interviene solo alla fine del processo creativo , non all’inizio. L’imitazione del maestro per lunghi anni porta ad una padronanza del modello tale da permettere poi variazioni ed arrichimenti…."

da " Una categoria della cultura teatrale occidentale-l ‘improvvsazine-  a confronto con alcune pratiche dell’attore orientale", Nicola Savarese in Teatro Oriente/Occidente a cura di A. Ottai, Bulzoni 1986, Roma.

Mi sembrano osservazioni importanti tali da meritare attenzione…le sottolineature sono le mie…Vera